Lecce è una città dalle mille sfaccettature, e chi ci arriva per la prima volta non può non restare incantato dalla gentile bellezza del suo barocco. Cosa è necessario fare o vedere, quindi a chi a Lecce ci sta solo un giorno? Ecco cinque consigli imprescindibili per vivere la città. 1. Colazione col pasticciottoSi sà, iniziare la giornata con la buona dose di dolcezza è fondamentale. A dare la giusta carica alla mattina ci pensa il classico dolce salentino, il pasticciotto, rigorosamente ripieno di calda crema pasticcera, che contrasta con il gusto della pastafrolla. E' consigliabile assaggiarlo caldo, così da poterne sentire ogni fragranza. Per i più golosi, la giornata può cominciare anche col il fruttone, della stessa forma del pasticciotto ma ricoperto di cioccolato e ripieno di cotognata leccese. 2.Passeggiata nel centro storicoIl centro storico di Lecce è un elegante salotto barocco, capace di stupire per l'armonia delle sue sculture e decorazioni. I palazzi storici si susseguono con le chiese e i conventi, così da creare uno spazio urbano quasi teatrale. Passeggiando nei vicoli della città non si può non passare dalla piazza del Duomo, o dalla basilica di Santa Croce, che con le loro spettacolari architetture sembrano quasi uscite da un merletto antico. La piazza S. Oronzo è dominata dall'imponente anfiteatro romano. E' possibile visitare la città con una guida privata per gustare tutta la bellezza del centro cittadino. 3. Un pranzo tipicamente lecceseDopo una mattinata trascorsa a gironzolare tra i vicoli della città, un buon pranzo è l'ideale per entrare anche nello spirito culinario di Lecce. Nel centro storico non mancano trattorie e ristoranti di tradizione, nelle quali è possibile assaggiare le sagne 'ncannulate, una sorta di fettuccina fatta in casa attorcigliata su sè stessa, condita con sugo e polpettine di cavallo, oppure i ciceri e tria, pasta lessa e, per piccole dosi, fritta accompagnata con zuppa di ceci. Per chi non disdegna qualche caloria in più è consigliatissima la parmigiana di melanzane leccesi o la pasta al forno. Tra i secondi immancabili sono i pezzetti di carne di cavallo al sugo, o altri tipi di arrosto, il tutto innaffiato da generoso vino negramaro. 4. Tra artigianato e museiLa città di Lecce è famosa nel mondo per il suo artigianato. In modo particolare è la cartapesta la protagonista indiscussa dei laboratori cittadini. Passeggiando per le vie del centro è ancora possibile visitare gli atelier degli artisti in cui la carta prende forma fino a trasformarsi in straordinari oggetti artistici. La cartapesta leccese, di natura prevalentemente sacra, si è sviluppata con una propria tecnica di lavorazione (che la rende differente rispetto alle altre) si dal XVII secolo e mantiene ancora oggi inalterata la sua peculiarità. Nelle botteghe, oltre a vedere i maestri al lavoro, è possibile anche acquistare delle vere e proprie opere d'arte. Ma Lecce non è solo cartapesta. Qua e là scoprirete dei laboratori di ceramica, in cui la produzione tradizionale si coniuga con la ricerca del gusto contemporaneo. Per portare con sè un vero prodotto di ceramica leccese importante saper riconoscere i laboratori artigianali dagli show room delle cetene commerciali. Il segreto sta nel notare le piccole imperfezioni che un prodotto veramente artigianale conserva, a differenza di quelli prodotti in serie. Sia la cartapesta che le altre attività artistiche hanno il loro spazio nei tanti musei della città, molti dei quali privati. In particolare, non si può escludere la visita alla Pinacoteca Caracciolo, con le sue opere dal 1500 ai giorni nostri e con la sua sezione di statue in cartapesta antiche. 5. Tra i locali della "movida"Al calare della sera, Lecce assume un fascino tutto nuovo. Le luci artistiche donano ai monumenti una nuova visione, come se fossero preziosi intarsi che si stagliano nello scuro della notte. Tra palazzi e antiche chiese, all'ombra delle sculture barocche, il centro storico di Lecce ha tantissimi locali in cui trascorrere una piacevole serata in compagnia. Musica dal vivo, intrattenimento e buon cibo, con quel tocco di salentinità anche nella preparazione delle ricette, permette di concludere a pieno la nostra giornata leccese.
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Un territorio ricco di città e paesi come il Salento, circondato da ben due mari, con eventi, feste e sagre tutte le sere, porta il visitatore, alcune volte, a dover scegliere cosa fare. Abbiamo pensato di suggerirvi cinque cose imperdibili che non possono mancare per vivere pienamente una bella esperienza durante l'estate 2018 nel Salento. 1. Visitare la facciata di Santa Croce a LecceLa facciata della basilica più famosa di Lecce è in restauro. Tuttavia, attraverso un sistema di prenotazione è possibile accedere al cantiere, appositamente allestito per accogliere i visitatori. I lavori di restauro dureranno fino a fine anno, per cui questi sono gli ultimi mesi a disposizione per poter vedere da vicino in maniera unica la bellezza del barocco leccese, salendo fin sopra la facciata. 2. Partecipare ad una festa patronaleOgni città e paese, sopratutto d'estate, dedica al proprio santo patrono delle sontuose feste. Luminarie, fuochi d'artificio, concerti bandistici e tanta tradizione rivivono nei vicoli dei caratteristici borghi, creando un'atmosfera surreale. Consigliamo di partecipare alle feste che si svolgono nei paesi e nei piccoli borghi, dove la tradizione è rimasta immutata. Da non perdere la festa di San Rocco a Torrepaduli, con la tradizionale danza-scherma eseguita sul piazzale del santuario per tutta la notte, al suono dei tamburelli. 3. Aspettare l'alba a PalaciaCapo d'Otranto, con il faro di Punta Palacia, è il punto più ad oriente d'Italia. E'il luogo dove per primi si scorge l'alba con il sole che spunta dal mare, nella scenografia dei monti dei Balcani che si stagliano all'orizzonte. Uno spettacolo unico ed emozionante, che i più arditi ripetono a Capodanno in attesa dell'alba dell'anno nuovo. Ma la suggestione del luogo e la bellezza della nascita del nuovo giorno è un'esperienza che può essere ripetuta ogni momento dell'anno, potendo contare anche sulla piacevolezza del clima. 4. Il caffè in ghiaccio col latte di mandorlaNon importa in quale città o paese vi trovate, ci sarà sempre nella piazza principale un bar pronto a prepararvi quella che è considerata la bevanda tipica dell'estate. Un caffè in ghiaccio non è un caffè freddo, ma un espresso preparato caldo che viene servito in un bicchiere con dei cubetti di ghiaccio. In tal modo, si abbassa la temperatura della bevanda senza pregiudicarne l'aroma. Da assaggiare rigorosamente zuccherato con il latte di mandorla. 5. Fare il bagno al tramonto a Porto CesareoUna vacanza nel Salento è sopratutto mare, da scegliere tra dolci spiagge o ripide scogliere. Ma la bellezza di cullarsi nel mare di Porto Cesareo al tramonto è una esperienza da provare. Spiagge bianche e acqua cristallina, bassa come un atollo caraibico, permettono di gustare lo spettacolo del tramonto in un cielo rosso fuoco, che riscalda e inonda di luce l'intero specchio d'acqua. C'è sempre un fatto che colpisce il viaggiatore durante i suoi percorsi. E molto spesso torna una domanda, quasi infantile, ma che nasconde in sè un certo sconcerto. Spesso a chi come noi si occupa di turismo e di cultura si chiede come sia stato possibile in passato, senza mezzi adeguati, in condizioni che oggi considereremmo disagiate, con un analfabetismo diffuso, riuscire a creare opere eccelse. Opere che noi oggi studiamo sui libri, che fanno parte di quel bagaglio culturale che una persona mediamente dovrebbe avere, e che riescono a superare i secoli. E ciò vale non solo per le opere d'arte, ma per tutte quelle attività dell'ingegno umano che hanno portato a "modellare" la natura senza violentarla, creando dei paesaggi che hanno permesso alla nostra nazione di fregiarsi del titolo di "Bel Paese".
Di contro, tutta questa meraviglia sembra perdersi in un attimo alla vista di una società che riesce a creare solo brutture, dove la richiesta culturale si abbassa vertiginosamente e dove molti sembrano essere refrattari a quanto di bello ci circonda ripiegandosi su una realtà immaginaria in cui il monumento o il paesaggio è solo il pretesto per scattarsi un selfie . Di fronte a tale scompenso, occorre quindi ripartire dal primato della bellezza come primato sociale. Per mezzo secolo le nostre città, i nostri borghi, sono stati soffocati da enormi palazzoni di cemento armato, senza identità, capaci solo di destrutturare il sistema sociale che i paesi e le città d'Italia hanno avuto per secoli. Nei quartieri periferici non vi è più quella bellezza umana, fatta di condivisione sociale ed emozionale che caratterizzava i quartieri popolari del passato. Ecco, quindi, che diventa urgente riappropriarsi della bellezza per riappropriarsi della nostra umanità. Non importa dove si vive o se si ha la possibilità di viaggiare. Ogni piccolo angolo d'Italia conserva delle specificità che lo rendono unico, custode di tesori d'arte incredibili, che non possono, a differenza dei comparti industriali, essere riprodotti in serie o delocalizzati. Su questa bellezza occorre investire seriamente lasciando da parte gli interessi dei pochi a favore della crescita sociale dei molti. Occorre che le Amministrazioni pubbliche abbiano una visione oculata e competente per garantire che ciò che si è prodotto per secoli non si distrugga per incuria o, peggio, per ignoranza. Non è più possibile lo sperpero di somme anche ingenti da parte di Enti Locali per finanziare azioni che lasciano il tempo che trovano senza poter avere una progettazione di ampio respiro che miri alla fruizione del patrimonio artistico e paesaggistico da parte di tutti. La bellezza, infatti, è anche strumento di crescita sociale, di sviluppo civico, di legalità. Non è accettabile che si parli di arte, di cultura, e di accoglienza e paradossalmente si propongano azioni premianti nei confronti dell'abusivismo e della violazione della norme. Bisogna comprendere che l'arte e la cultura hanno il compito primario di rendere uomini migliori e quindi generare un'economia equa, a misura d'uomo, che basandosi sul grande patrimonio della tradizione italiana garantisce qualità ed eleganza. E' impegno di tutti e di ciascuno educare ed educarsi alla bellezza, perchè solo attraverso essa è possibile un nuovo rinascimento che possa permettere all'Italia di essere ancora il Paese più bello del mondo. LECCE – Un viaggio verso le nuvole ma sopratutto oltre l’impalcatura. Si perché da lunedì il barocco della Basilica di Santa Croce, che per altri 2 anni almeno resterà in gabbia, regalerà ai curiosi un assaggio del risultato finale. Ecco allora le immagini di un incontro a tu per tu con capitelli e sculture, a bordo dell’ascensore che renderà possibile tutto questo.La prima visita guidata in mattinata, alla presenza dell’Arcivescovo Mons. Domenico D’Ambrosio, la Soprintendente Maria Piccarreta e l’Assessore regionale Loredana Capone. Un esperimento, quello della ditta Nicolì s.r.l, che apre la strada al altre iniziative come questa. In cantiere, infatti, l’idea di un ascensore per visitare il campanile del Duomo.
“La fede -spiega l’Arcivescovo D’Ambrosio- si racconta anche tramite la bellezza delle strutture che la accolgono. Nasce dalla commistione tra arte e religiosità lo stupore, che è sempre un inno alla vita che non finisce mai di sorprendere“. Le visite guidate, a gruppi di 4 persone accompagnate dalle guide turistiche di WelcomeLecce, saranno prenotabili in loco o sul sito www.restaurosantacrocelecce.it. Testimonial quasi per caso l’attrice Isabella Ferrari. Anche lei, durante una passeggiata in centro, ha chiesto di poter godere del privilegio di una “sbirciatina” che le ricordi la sua tappa leccese. Fonte: trnews.it La "Legenda maior" di S. Francesco, scritta da S. Bonaventura da Bagnoregio, narra della celebrazione del Natale a Greccio. Nel 1223, San Francesco diede vita alla prima rappresentazione della nascita di Gesù, dando il via alla tradizione del presepe.
La tradizione salentina, narrando il passaggio del santo assisiate dal Salento, nel suo viaggio che lo portò al cospetto del sultano, vuole che in realtà proprio qui Francesco realizzò il primo presepe con delle statuette di terracotta nel 1222, anticipando quindi di un anno il presepe di Greccio. Non sappiamo dove la storia finisca per dar spazio alla fantasia. Di certo, tuttavia, dell'antichità di questa tradizione è traccia nella cripta della cattedrale di Otranto, da cui Francesco sarebbe passato. In questi affreschi, si nota la scena della Natività, realizzata nel tardo '500, con accanto proprio Francesco d'Assisi e Antonio di Padova. Una storia che, assieme a quella della stirpe del re Baldassare scesa a Galatina, colora il Natale del Salento. Modello per l'architettura militare dal Trecento in poi, la Torre di Belloluogo sorge poco distante dalla città in direzione nord-ovest. Collegata alla committenza degli Enghien, la torre assolveva a funzioni difensive ma anche residenziali per i conti di Lecce, in particolare per Raimondello Orsini e Maria d'Enghien: quest'ultima, divenuta regina di Napoli grazie al suo secondo matrimonio con Ladislao d'Angiò Durazzo, amava particolarmente l'amenità del luogo e la freschezza delle sue acque. Il mastio cilindrico, alto quattordici metri e impostato sul basamento roccioso, conserva al suo interno un piccolo oratorio con affreschi raffiguranti storie della vita della Maddalena,risalenti probabilmente al XIV secolo ed anche un ninfeo molto antico. Agli inizi del secolo successivo, in seguito alle mutate esigenze difensive, divenne residenza comitale la Torre del Parco, eretta su modello di quella di Belloluogo dal conte di Lecce e principe di Taranto Giovanni Antonio del Balzo Orsini, figlio di Maria d'Enghien, e dotata di massicce fortificazioni e di un profondo fossato. Ad essa si affiancò, verso la fine del XVII secolo, il complesso religioso di San Giacomo degli Alcantarini. Lecce è stata proclamata Città del libro 2017. Un riconoscimento prestigioso per il capoluogo salentino, che diventa così la principale vetrina italiana per la promozione del libro e della lettura. Lecce succede alla città di Milano, che si è fregiata di questo titolo nell'anno dell'Expo. L'annuncio è stato dato in occasione del quinto incontro nazionale delle Città del libro, al Salone internazionale del libro di Torino, e al quale ha preso parte l'assessore Luigi Coclite in rappresentanza del Comune di Lecce. "E' una splendida notizia - ha commentato in una nota Coclite - che conferma la bontà del lavoro effettuato in questi anni per cercare di alzare l'asticella della qualità della cultura sul nostro territorio. Grazie a questo grande evento ci auguriamo di poter ridurre il gap della Puglia con le altre regioni italiane per numero di lettori facendo leva sulle nuove generazioni, potenziando progetti già avviati e programmandone altri". "Questo ennesimo riconoscimento - ha aggiunto il sindaco di Lecce, Paolo Perrone - non fa altro che dimostrare che stiamo lavorando nella direzione giusta, puntando sulle nostre eccellenze e sui tanti talenti del territorio. E' un'altra opportunità per Lecceche si conferma un punto di riferimento importante sul piano culturale nel panorama nazionale". "Da subito - ha assicurato l'assessore alle Politiche giovanili, Alessandro Delli Noci - saremo al lavoro per intercettare risorse e costruire un programma ampio, completo e condiviso con tutti gli attori istituzionali, dall'Università alla Regione Puglia alla Provincia di Lecce e alle scuole, e con tutte le associazioni che vorranno dare un contributo". Lecce, città di sogni e di fascino, capace di accompagnare ogni storia d'amore. Per questo motivo, Cheradreams e WelcomeLecce propongono un modo alternativo di vivere la città, destinato non solo ai turisti, ma anche a tutti coloro che nel giorno dedicato agli innamorati vogliono perdersi tra i vicoli e le sorprese della città barocca. Una vera e propria esperienza sensoriale, da vivere in coppia, perfetta come regalo, che consente ai visitatori di passeggiare per la città, ammirare i suoi monumenti nella luce romantica della sera, condividere l'emozione di un massaggio rilassante di coppia e poi assaporare le prelibatezze della cucina salentina in uno dei più rinomati ristoranti della città. Un affascinante percorso emozionale che permette di staccare dai ritmi incalzanti di tutti i giorni per dedicarsi alla persona amata, perdendosi in una città fatta di ricami e pastafrolla, di angeli paffuti e di fastose ghirlande, che saprà rendere unico ogni attimo insieme.
L'itinerario prevede massaggio relax di coppia di 50' con prosecco e frutta di benvenuto, passeggiata libera (senza guida), cena per due. L'itinerario ha validità dal 12 al 28 febbraio. Per info e prenotazioni: Chera Dreams Salento Che la santa martire di Salonicco fosse particolarmente venerata a Lecce ce lo testimonia la poderosa facciata della chiesa dei Teatini, a lei dedicata. La lupa sul portale, il titolo di patrona a caratteri capitali, lasciano pochi dubbi. E la magnificenza che si respira appena si varca il portale, lascia intendere la grande considerazione che tale edificio godeva. Ma se tutti conoscono il complesso monumentale dei Teatini, nel cuore del centro storico, forse pochi conoscono l'esistenza di una seconda chiesa dedicata alla santa greca, posta nel "pelagio del Govervatore", e abbattuta durante i rifacimenti urbanistici annessi alla scoperta dell'anfiteatro e la modifica dell'attuale piazza S. Oronzo. Posta in un quartiere che rappresenta simbolicamente il centro amministrativo della città, col sedile, i tribunali e il palazzo del Governo, potremmo dire che tale chiesa costituisse la sede "ufficiale" del culto della protettrice. Lasciamo ora la descrizione dell'edificio ( che riserva alcune sorprese) a Giulio Cesare Infantino che, nel suo "Lecce Sacra" del 1634 la descrive così: "Di Santa Irene E' una cappella non molto antica, nè molto moderna, nel Pelaggio del medesimo Governatore, sotto il titolo di S. Irene, protettrice di questa Città; è posta in alto, che per ascendervi è necessario saglire una scala di pietra di molti gradini dalla parte della via pubblica. Fu edificata dalla medesima Città nel 1482, essendo allora Governatore Giovanni del Tufo. Prima che venissero à Lecce i Padri Teatini, hebbe animo la Città d'ingrandirla; sichè per questo effetto s'era già depositato aprte del denaro; ma permise Iddio per maggior gloria di questa Santa, che capitassero in questa Città questi servi di Dio, et edificassero un altro tempio di quella grandezza, e forma, che oggi si vede. Dentro questa Cappella per ornamento vi fecero dipingere i Leccesi l'opere meravigliose di questa Santa; benchè poi la maggior parte delle dipinture siano state da calce coverte, per imbiancare il muro. Vi si veggono però due dipinture; donde si scorge che in tempo di peste i Leccesi fanno sempre ricorso all'intercessione della Vergine Irene, come loro Protettrice e Padrona. Fù Irene figliuola di Licinio Rè della Macedonia, discende da i Rè della Tracia, nata in Tessalonica, hoggi Salonichi: la qual nacque negli anni del Signore 39, bella di corpo et acutissima d'ingegno. Altri vogliono, che sia nata in questa nostra città di Lecce, fondati sopra quelle parole, che stanno notate in un'antico Breviario manuscritto in carta pergamena, che dicono così: Haec Christi martir (dicè Santa Irene) fuit oriunda Civitatis Lycij; ma non segue, per questo, che Santa Irene sia nata in Lecce, ma solo che alcuni de' suoi antichi antepassati per via di padre, ò di madre, vi fosse nato, e così io mi dò à credere. Ma sia pur come si voglia, certo è che in questa notra Città di Lecce sono stati sempre per tutti i secoli huomini di santissima vita, come le pregresso di quest'opera in parte s'è dimostrato fin dai principi della legge di Christo Evangelica, come furono prima di tutti i Santi Orontio, e Fortunato, ambedue Cittadini Leccesi, e primi Vescovi di questa Città; così anche San Biaggio e S. Leucio, et altri de' quali habbiamo già à bastanza parlato. Fra questi fù Nicolò de Patti, da Provinciali detto Niceta d'Otranto, per essere stato 45 anni Abbate di San Nicolò di Casole, al quale, come dice il Galateo, mentre l'Imperadore dimorava in Costantinopoli, in tutte le differenze che occorrevano fra detto Imperadore et il Papa, mandava lettere il Pontefice à Niceta à Lecce, o à S. Nicolò dov'era Abbate, che andasse a Costantinopoli à tal'effetto, il quale tutte volte che andava, se ne ritornava con soddisfazione d'ambe le parti. Morto il detto Nicolò fu canonizzato da Alessandro III e nella Badia li successe un Canonico medesimamente di Lecce per nome D. Ottaviano Anibaldo che visse anch'egli santamente. Aggiongevesi per complimento, oltre molti altri, che per brevità si tralasciano, il Santo Pontefice Dionigio martire e confessore di Christo, ornamento di questa nostra Patria, il quale dopo essere stato Vescovo di Lecce fù assonto al Pontificato successore di Sisto II suo maestro ne gli anni del Signore 260. Huomo non solo di santissima vita ma di molte lettere, e grandissimo governo, che frà l'altre cose ch'egli fece nel termine di anni sei, e più, che visse Pontefice in beneficio della Chiesa fù il dividere à i Preti le Chiese e Cimiterij a Roma, et il distribuire fuori della Città le Parrocchie, le Diocesi, ponendo il termine fin dove ciaschedune si fosse dovuto stendere, come poi s'è osservato in tutti i secoli, e si osserva hoggi. E che Dionigi fosse stato Leccese non è dubbio alcuno, onde Ursidio, autore antichissimo, impugnando Damaso, il quale havea detto non haver potuto sapere l'origine di Dionigi, dice esser stato Salentino , et Ottone Trisigense di più chiaramente dice esser stato Cittadino di questa nostra patria, oltre l'antica traditione di molti secoli, la quale non fa piccola prova. E ritornando alla già detta Cappella si dee sapere che quivi ogn'anno nel dì della festa veniva processionalmente tutto 'l Capitolo e Clero a celebrar la Messa solenne con la presenza del Sindico de gli officiali Regij e di tutto il governo con solennissima festa; appunto come hoggi si fà nella nuova Chiesa de' Chierici Regolari. Questa Cappella stà attaccata come s'è detto col Palaggiodel Governatore, al cui Tribunale per privilegio di Rè Ferdinando I furono sottoposti in questo tempo tutti i Casali nella giurisdizione criminale, e miste, e nelle cause civili vi si pose la preventione con dar tutti i proventi alla Città, con peso però di pagar la provisione al Governatore, et altri officiali del Tribunale. Hà la Città ancora per privilegio di poter mettere, come fà ogn'anno, un Giudice in questo Tribunale, che sia de' suoi Cittadini, purchè sia Dottore." Negli anni tra il 1943 ed il 1947 nel territorio di Nardò, in particolare nelle località delle Cenate, Mondonuovo, Santa Caterina e Santa Maria al Bagno, furono accolti migliaia di profughi, di diversa nazionalità. Dopo gli Slavi, provenienti dalle varie località di confino e che rientrarono in Patria non appena i Balcani furono liberati, affluirono gli Ebrei che avevano trovato rifugio e protezione presso famiglie italiane, poi quelli provenienti da varie località italiane e dai campi di internamento, liberati dagli Alleati. Gli Ebrei arrivarono soprattutto dal centro Europa, dopo l'apertura dei vari campi di concentramento e di sterminio: giunsero a Nardò Polacchi, Austriaci, Tedeschi, Ungheresi, Rumeni, Albanesi, Slovacchi, Russi, Macedoni e Greci. I profughi furono ospitati nelle abitazioni e nelle ville requisite agli abitanti di Nardò: non se ne conosce il numero preciso, ma si sa che furono migliaia. Numerose, a riguardo, le toccanti testimonianze di sopravvissuti, raccolte anche in varie pubblicazioni: Samuel GOETZ, ebreo polacco, in I Never Saw My Face, Rutledge Book, inc. 2001, evidenzia la svolta avvenuta, nella sua travagliata esistenza, proprio a S. Maria al Bagno, dove riuscì a dimenticare «lo squallore dei campi di concentramento». Anche Moshe RON, in Odissea Modernit, Gerusalemme 1999 e Gertrude GOETZ, in Memory of Kindness – Growing up in war torn Europe, Los Angeles 2000, ricordano il periodo trascorso nel territorio neretino. Nardò vide in quegli anni anche i futuri protagonisti delle vicende politiche dello Stato d'Israele, come Dov Shilanski, deputato al Parlamento d'Israele (Knesset) dal 1977 al 1996, poi Presidente dal 1988 al 1992. Secondo alcune testimonianze furono presenti anche David Ben Gurion , all'epoca Presidente dell'Organizzazione ebraica mondiale e nel 1948 guida politica per la proclamazione dello Stato d'Israele e Golda Meir , futuro Primo Ministro e leader politico dello Stato d'Israele. Fu importante il ruolo della popolazione neretina nell'opera di assistenza agli ebrei liberati dai campi di sterminio: la popolazione locale accolse i profughi e ne alleviò le sofferenze, pur vivendo essa stessa anni durissimi di privazioni, segnati dalla guerra e dalla carenza di ogni genere di conforto. I profughi poterono in quegli anni professare la propria religione e le proprie tradizioni: in S. Maria al Bagno era stata infatti allestita la Sinagoga, e funzionavano la mensa e il centro di preghiera per bambini e orfani; il Kibbutz "Elia" era nella vecchia Masseria Mondonuovo, e il Municipio nella villa Personè (attuale villa De Benedittis). Erano, in sostanza, assicurati tutti i complessi servizi necessari alla vita di una comunità di tali dimensioni, tra i quali l'ospedale e il servizio postale; i più giovani poterono frequentare le scuole e furono utilizzati anche spazi per lo sport, come campi di calcio. Furono circa 300 i matrimoni celebrati in quel periodo, alcuni misti. Una giovane neretina, Giulia My, recentemente scomparsa, sposò Zivi Miller, ebreo rumeno, autore dei tre murales che si conservano in S. Maria al Bagno, in cui racconta della storia sua personale e di altre centinaia di ebrei, liberati dai campi di concentramento, fino all'arrivo a Santa Maria al Bagno. Gli ultimi profughi lasciarono il territorio nel 1947. Il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in occasione del 27 gennaio, Giornata Nazionale della Memoria, ha conferito motu proprio la Medaglia d'oro al Merito Civile al Comune di Nardò. il museo della memoriaIl Museo della Memoria conserva, dopo il restauro coordinato da Nori Meo-Evoli, i Murales realizzati da Zivi Miller e da altri profughi ebrei durante la permanenza, tra il 1943 ed il 1947, nel Campo di accoglienza di S. Maria al Bagno. Il primo dei tre murales raffigura una menorah con candele accese, protetta da due soldati . Sotto,vi è la scritta in ebraico "in guardia". Il secondo murales, di maggiori dimensioni rispetto al primo, rappresenta il viaggio degli ebrei dal Sud dell’Italia verso Eretz Israel;l’ultimo, infine, raffigura una madre ebrea che, con i suoi bambini, chiede ad un soldato inglese di entrare in Israele. Questi reperti eccezionali sono ora custoditi nel Museo della Memoria e dell'Accoglienza: nella struttura, la tragica esperienza dei pochi sopravvissuti allo sterminio del popolo ebraico è rappresentata dal grigio incolore, senza porte e senza finestre, interrotto però da strisce del colore della pietra leccese,rappresentative dell’incontro con un ambiente naturale ed umano generoso ed ospitale,che, di giorno in giorno, cominciano ad arrampicarsi lungo la scatola grigia, aprendo progressivamente squarci sempre più ampi nell’oscurità del ricordo, permettendo l’avvio di un cammino difficoltoso ma solcato da squarci di luce, rappresentati sempre dalle fasce in pietra leccese che scendono anch’esse dalla facciata. All'interno, oltre ai tre murales, è conservato tutto il materiale custodito nell’archivio storico del Comune di Nardò, documenti fotografici e video. Per prenotare una visita al Museo della Memoria di S. Maria al Bagno cliccare qui |
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Maggio 2023
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