Il campanello della stazione indica l'arrivo del Salento Express. Partito dalla stazione di Lecce di buon mattino, il treno storico del Salento attraversa sonnacchioso le campagne di Novoli, Campi, Salice e Guagnano. Si sente ancora il profumo dei vini che, caricati da queste stazioni, tra la fine dell'800 e gli inizi del 900 han reso famose queste contrade. Il viaggio ha come sua meta finale Manduria, terra del "primitivo" che col suo rosso brillante ha entusiasmato negli ultimi anni la gran parte di esperti enologi. Storie di ieri e storie di oggi, che si incrociano sui binari del tempo. Storie lontane e così vicine, a raccontar di romani e messapi mentre sulla carrozza del treno si assaggia un pasticciotto offerto da Massimo Bray, che condivide con noi il viaggio, col sorriso e la semplicità che da Ministro ai Beni Culturali ci aveva abituato. Il Salento Express ferma la sua corsa alla stazione di Manduria e inizia il viaggio nel tempo: un parco archeologico affascinante e misterioso, capace di regalare magia. E così si parte alla scoperta del Fonte di Manduria, che Plinio il Vecchio ammira e riporta stupefatto nella sua Naturalis Historia. E' lo zampillìo costante della fonte che incanta il vecchio geografo romano: a lui sembra quasi impossibile che, in una cisterna, il livello resti sempre lo stesso nonostante si sottragga o si aggiunga acqua. Ma la sorpresa geologica della fonte lascia il posto al mito: e si racconta dei guerrieri antichi che appendevano mandorle d'oro all'albero che spunta dalla cisterna e che ancora oggi affonda miracolosamente le sue radici nella viva pietra; e poi di galline con pulcini d'oro, e poi di una cerva bianca, a proteggere il sacro luogo. Storie e miti che attraversano i secoli e si fondono tra loro e da Virgilio giungono a noi nella voce degli anziani. Il sole caldo del primo giorno di primavera illumina le poderose mura vecchie di due millenni. Tre cinte diverse, formate da massi megalitici, a proteggere una città che fece dell'indipendenza la sua bandiera. Cinta murarie che han visto l'esercito di Sparta perdere il suo re Archidamo, e l'esercito di Roma entrare vittorioso ai comandi di Quinto Fabio Massimo. Accanto alle mura, ai lati delle strade, distese di tombe per la necropoli messapica più estesa di Puglia. Storie di vissuto quotidiano che sembrano riemergere dalle fosse, dai decori, dalle dimensioni di tombe familiari o per la sepoltura di un solo bambino. Il percorso prosegue tra fiori ed erbe profumate fino alla chiesetta di S. Pietro mandurino. La luce del sole lascia il posto alla penombra di una cripta sotterranea che, da aristocratica tomba, è stata trasformata in un luogo di culto per il principe degli apostoli. Fuori dal parco,la comitiva procede in gruppi verso la cantina: anche qui, scendendo nelle antiche cisterne vinicole, il mondo passato della civiltà contadina rivive e diventa storia. Un sorso di vino primitivo, qualche assaggio e poi ancora in stazione. Il Salento Express è pronto per tornare nella sua casa a Lecce e prepararsi per rotolare ancora nella fantastica Terra di Otranto.
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Fanno capolino dai balconi, o appese su fili da un lato all'altro di strade o sedute ai crocicchi. Difficile non notarle nel loro abito nero con i piedi penzolanti nel vuoto. E chi viene nel Salento nel periodo che va dal martedì di Carnevale alla domenica di Pasqua non può che restare stupito dalla presenza di queste arcane figure. Ma che sono, o meglio, chi rappresentano le "Quaremme"? Sono dei fantocci raffiguranti una vecchia, vestita di nero e dalle brutte fattezze con la conocchia in una mano e nell'altra un'arancia con delle penne di gallo. La tradizione più tarda la vuole vedova di Carnevale, che muore soffocato mentre ingoia l'ultima polpetta. La presenza di tali fantocci, tuttavia, non è esclusiva del Salento, ma appare assai diffusa in tutta la Penisola. L'origine è strettamente legata al periodo di riferimento: la primavera, infatti, è stata sempre considerata, nel mondo agricolo, il vero e proprio capodanno. Non a caso, lo stesso Cattabiani, ne analizza la presenza collegandola ad un'altra vecchia che compare all'inizio del nostro calendario civile: la Befana. La presenza della Quaremma, quindi, analogamente a quella della Befana, è la raffigurazione della passata stagione, dell'inverno col quale si chiude il vecchio anno e che prelude al trionfo della nuova stagione. Non a caso il fantoccio reca nelle mani una conocchia, atavico simbolo utilizzato nelle raffigurazioni delle Parche per simboleggiare il tempo che passa. E proprio l'altro elemento caratteristico è funzionale alla conta del tempo: l'arancia con le piume di gallo. La presenza dell'arancia si ricollega al simbolismo classico del frutto: secondo la mitologia greca, infatti, esso fu portato in dote nelle nozze tra Giunone e Giove e raffigura la fecondità e l'amore. Non a caso ancora oggi i fiori d'arancio sono simbolo delle nozze. La fecondità posta nella mano della Quaremma è il dono offerto nel passaggio della stagione: se la conocchia indica lo scorrere del tempo, e se i vestiti logori e scuri indicano una stagione segnata dall'oscurità e dalla pochezza dei frutti, l'arancia col suo oro richiama lo splendore del sole che risorge e che rende di nuovo fertile la terra. Infisse nell'arancia vi sono, poi, delle piume di gallo. Anch'esso elemento solare, in quanto annuncia il sorgere del nuovo giorno, viene poi associato in età cristiana come uno dei simboli della passione del Cristo. Le piume sono in realtà una sorta di calendario: è necessario estrarne una per ogni domenica di Quaresima per poi giungere alla domenica di Pasqua. Nel corso dei secoli, tale usanza viene, infatti, traslata nei significati dal sentire cristiano e i simboli solari, così come accaduto col Natale, diventano simboli del Cristo Risorto, nuovo sole che illumina il mondo con la luce della sua gloria. Ecco, quindi, che accanto alle valenze ancestrali, presenti nelle rappresentazioni della Vecchia in tutta la Penisola, si collocano gli attributi più tardi, e la Quaremma diventa personificazione della Quaresima stessa, portando a raffigurare non più la stagione passata ma il digiuno e la penitenza pre-pasquale. Il fantoccio della Quaremma viene bruciato il mezzogiorno di Pasqua. Ancora una volta, mentre nel cielo splende nel punto più alto il sole, nella domenica che segue la "luna di marzo" e che, pertanto, è simbolo nel mondo agricolo del risveglio della natura, la vecchia annata si dissolve nel rito purificatorio del fuoco. Il calore dei falò sulla terra aiuterà ancora una volta il sole nel suo ciclo dell'anno, e saluterà il suo risveglio portatore di benessere e fecondità. |
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Maggio 2023
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