Che la santa martire di Salonicco fosse particolarmente venerata a Lecce ce lo testimonia la poderosa facciata della chiesa dei Teatini, a lei dedicata. La lupa sul portale, il titolo di patrona a caratteri capitali, lasciano pochi dubbi. E la magnificenza che si respira appena si varca il portale, lascia intendere la grande considerazione che tale edificio godeva. Ma se tutti conoscono il complesso monumentale dei Teatini, nel cuore del centro storico, forse pochi conoscono l'esistenza di una seconda chiesa dedicata alla santa greca, posta nel "pelagio del Govervatore", e abbattuta durante i rifacimenti urbanistici annessi alla scoperta dell'anfiteatro e la modifica dell'attuale piazza S. Oronzo. Posta in un quartiere che rappresenta simbolicamente il centro amministrativo della città, col sedile, i tribunali e il palazzo del Governo, potremmo dire che tale chiesa costituisse la sede "ufficiale" del culto della protettrice. Lasciamo ora la descrizione dell'edificio ( che riserva alcune sorprese) a Giulio Cesare Infantino che, nel suo "Lecce Sacra" del 1634 la descrive così: "Di Santa Irene E' una cappella non molto antica, nè molto moderna, nel Pelaggio del medesimo Governatore, sotto il titolo di S. Irene, protettrice di questa Città; è posta in alto, che per ascendervi è necessario saglire una scala di pietra di molti gradini dalla parte della via pubblica. Fu edificata dalla medesima Città nel 1482, essendo allora Governatore Giovanni del Tufo. Prima che venissero à Lecce i Padri Teatini, hebbe animo la Città d'ingrandirla; sichè per questo effetto s'era già depositato aprte del denaro; ma permise Iddio per maggior gloria di questa Santa, che capitassero in questa Città questi servi di Dio, et edificassero un altro tempio di quella grandezza, e forma, che oggi si vede. Dentro questa Cappella per ornamento vi fecero dipingere i Leccesi l'opere meravigliose di questa Santa; benchè poi la maggior parte delle dipinture siano state da calce coverte, per imbiancare il muro. Vi si veggono però due dipinture; donde si scorge che in tempo di peste i Leccesi fanno sempre ricorso all'intercessione della Vergine Irene, come loro Protettrice e Padrona. Fù Irene figliuola di Licinio Rè della Macedonia, discende da i Rè della Tracia, nata in Tessalonica, hoggi Salonichi: la qual nacque negli anni del Signore 39, bella di corpo et acutissima d'ingegno. Altri vogliono, che sia nata in questa nostra città di Lecce, fondati sopra quelle parole, che stanno notate in un'antico Breviario manuscritto in carta pergamena, che dicono così: Haec Christi martir (dicè Santa Irene) fuit oriunda Civitatis Lycij; ma non segue, per questo, che Santa Irene sia nata in Lecce, ma solo che alcuni de' suoi antichi antepassati per via di padre, ò di madre, vi fosse nato, e così io mi dò à credere. Ma sia pur come si voglia, certo è che in questa notra Città di Lecce sono stati sempre per tutti i secoli huomini di santissima vita, come le pregresso di quest'opera in parte s'è dimostrato fin dai principi della legge di Christo Evangelica, come furono prima di tutti i Santi Orontio, e Fortunato, ambedue Cittadini Leccesi, e primi Vescovi di questa Città; così anche San Biaggio e S. Leucio, et altri de' quali habbiamo già à bastanza parlato. Fra questi fù Nicolò de Patti, da Provinciali detto Niceta d'Otranto, per essere stato 45 anni Abbate di San Nicolò di Casole, al quale, come dice il Galateo, mentre l'Imperadore dimorava in Costantinopoli, in tutte le differenze che occorrevano fra detto Imperadore et il Papa, mandava lettere il Pontefice à Niceta à Lecce, o à S. Nicolò dov'era Abbate, che andasse a Costantinopoli à tal'effetto, il quale tutte volte che andava, se ne ritornava con soddisfazione d'ambe le parti. Morto il detto Nicolò fu canonizzato da Alessandro III e nella Badia li successe un Canonico medesimamente di Lecce per nome D. Ottaviano Anibaldo che visse anch'egli santamente. Aggiongevesi per complimento, oltre molti altri, che per brevità si tralasciano, il Santo Pontefice Dionigio martire e confessore di Christo, ornamento di questa nostra Patria, il quale dopo essere stato Vescovo di Lecce fù assonto al Pontificato successore di Sisto II suo maestro ne gli anni del Signore 260. Huomo non solo di santissima vita ma di molte lettere, e grandissimo governo, che frà l'altre cose ch'egli fece nel termine di anni sei, e più, che visse Pontefice in beneficio della Chiesa fù il dividere à i Preti le Chiese e Cimiterij a Roma, et il distribuire fuori della Città le Parrocchie, le Diocesi, ponendo il termine fin dove ciaschedune si fosse dovuto stendere, come poi s'è osservato in tutti i secoli, e si osserva hoggi. E che Dionigi fosse stato Leccese non è dubbio alcuno, onde Ursidio, autore antichissimo, impugnando Damaso, il quale havea detto non haver potuto sapere l'origine di Dionigi, dice esser stato Salentino , et Ottone Trisigense di più chiaramente dice esser stato Cittadino di questa nostra patria, oltre l'antica traditione di molti secoli, la quale non fa piccola prova. E ritornando alla già detta Cappella si dee sapere che quivi ogn'anno nel dì della festa veniva processionalmente tutto 'l Capitolo e Clero a celebrar la Messa solenne con la presenza del Sindico de gli officiali Regij e di tutto il governo con solennissima festa; appunto come hoggi si fà nella nuova Chiesa de' Chierici Regolari. Questa Cappella stà attaccata come s'è detto col Palaggiodel Governatore, al cui Tribunale per privilegio di Rè Ferdinando I furono sottoposti in questo tempo tutti i Casali nella giurisdizione criminale, e miste, e nelle cause civili vi si pose la preventione con dar tutti i proventi alla Città, con peso però di pagar la provisione al Governatore, et altri officiali del Tribunale. Hà la Città ancora per privilegio di poter mettere, come fà ogn'anno, un Giudice in questo Tribunale, che sia de' suoi Cittadini, purchè sia Dottore."
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