Negli anni tra il 1943 ed il 1947 nel territorio di Nardò, in particolare nelle località delle Cenate, Mondonuovo, Santa Caterina e Santa Maria al Bagno, furono accolti migliaia di profughi, di diversa nazionalità. Dopo gli Slavi, provenienti dalle varie località di confino e che rientrarono in Patria non appena i Balcani furono liberati, affluirono gli Ebrei che avevano trovato rifugio e protezione presso famiglie italiane, poi quelli provenienti da varie località italiane e dai campi di internamento, liberati dagli Alleati. Gli Ebrei arrivarono soprattutto dal centro Europa, dopo l'apertura dei vari campi di concentramento e di sterminio: giunsero a Nardò Polacchi, Austriaci, Tedeschi, Ungheresi, Rumeni, Albanesi, Slovacchi, Russi, Macedoni e Greci. I profughi furono ospitati nelle abitazioni e nelle ville requisite agli abitanti di Nardò: non se ne conosce il numero preciso, ma si sa che furono migliaia. Numerose, a riguardo, le toccanti testimonianze di sopravvissuti, raccolte anche in varie pubblicazioni: Samuel GOETZ, ebreo polacco, in I Never Saw My Face, Rutledge Book, inc. 2001, evidenzia la svolta avvenuta, nella sua travagliata esistenza, proprio a S. Maria al Bagno, dove riuscì a dimenticare «lo squallore dei campi di concentramento». Anche Moshe RON, in Odissea Modernit, Gerusalemme 1999 e Gertrude GOETZ, in Memory of Kindness – Growing up in war torn Europe, Los Angeles 2000, ricordano il periodo trascorso nel territorio neretino. Nardò vide in quegli anni anche i futuri protagonisti delle vicende politiche dello Stato d'Israele, come Dov Shilanski, deputato al Parlamento d'Israele (Knesset) dal 1977 al 1996, poi Presidente dal 1988 al 1992. Secondo alcune testimonianze furono presenti anche David Ben Gurion , all'epoca Presidente dell'Organizzazione ebraica mondiale e nel 1948 guida politica per la proclamazione dello Stato d'Israele e Golda Meir , futuro Primo Ministro e leader politico dello Stato d'Israele. Fu importante il ruolo della popolazione neretina nell'opera di assistenza agli ebrei liberati dai campi di sterminio: la popolazione locale accolse i profughi e ne alleviò le sofferenze, pur vivendo essa stessa anni durissimi di privazioni, segnati dalla guerra e dalla carenza di ogni genere di conforto. I profughi poterono in quegli anni professare la propria religione e le proprie tradizioni: in S. Maria al Bagno era stata infatti allestita la Sinagoga, e funzionavano la mensa e il centro di preghiera per bambini e orfani; il Kibbutz "Elia" era nella vecchia Masseria Mondonuovo, e il Municipio nella villa Personè (attuale villa De Benedittis). Erano, in sostanza, assicurati tutti i complessi servizi necessari alla vita di una comunità di tali dimensioni, tra i quali l'ospedale e il servizio postale; i più giovani poterono frequentare le scuole e furono utilizzati anche spazi per lo sport, come campi di calcio. Furono circa 300 i matrimoni celebrati in quel periodo, alcuni misti. Una giovane neretina, Giulia My, recentemente scomparsa, sposò Zivi Miller, ebreo rumeno, autore dei tre murales che si conservano in S. Maria al Bagno, in cui racconta della storia sua personale e di altre centinaia di ebrei, liberati dai campi di concentramento, fino all'arrivo a Santa Maria al Bagno. Gli ultimi profughi lasciarono il territorio nel 1947. Il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in occasione del 27 gennaio, Giornata Nazionale della Memoria, ha conferito motu proprio la Medaglia d'oro al Merito Civile al Comune di Nardò. il museo della memoriaIl Museo della Memoria conserva, dopo il restauro coordinato da Nori Meo-Evoli, i Murales realizzati da Zivi Miller e da altri profughi ebrei durante la permanenza, tra il 1943 ed il 1947, nel Campo di accoglienza di S. Maria al Bagno. Il primo dei tre murales raffigura una menorah con candele accese, protetta da due soldati . Sotto,vi è la scritta in ebraico "in guardia". Il secondo murales, di maggiori dimensioni rispetto al primo, rappresenta il viaggio degli ebrei dal Sud dell’Italia verso Eretz Israel;l’ultimo, infine, raffigura una madre ebrea che, con i suoi bambini, chiede ad un soldato inglese di entrare in Israele. Questi reperti eccezionali sono ora custoditi nel Museo della Memoria e dell'Accoglienza: nella struttura, la tragica esperienza dei pochi sopravvissuti allo sterminio del popolo ebraico è rappresentata dal grigio incolore, senza porte e senza finestre, interrotto però da strisce del colore della pietra leccese,rappresentative dell’incontro con un ambiente naturale ed umano generoso ed ospitale,che, di giorno in giorno, cominciano ad arrampicarsi lungo la scatola grigia, aprendo progressivamente squarci sempre più ampi nell’oscurità del ricordo, permettendo l’avvio di un cammino difficoltoso ma solcato da squarci di luce, rappresentati sempre dalle fasce in pietra leccese che scendono anch’esse dalla facciata. All'interno, oltre ai tre murales, è conservato tutto il materiale custodito nell’archivio storico del Comune di Nardò, documenti fotografici e video. Per prenotare una visita al Museo della Memoria di S. Maria al Bagno cliccare qui
1 Kommentar
Elena
26/1/2015 08:54:55 am
Il Salento...una terra ospitale ieri come oggi.
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