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Diario di viaggio

Tito Schipa: l'usignolo di Lecce 

30/10/2013

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Sono le 12:00 in punto in piazza S. Oronzo a Lecce, salotto della città, in un giorno qualsiasi. Ad accompagnare i rintocchi della vicina cattedrale, un'aria da tenore risuona per la piazza. Lecce continua ad onorare il "suo" tenore, anzi "il" tenore per antonomasia, il più grande "cantante di grazia" della storia dell'opera lirica: Tito Schipa. Rampollo di una antica famiglia di origini albanesi, Raffaele Attilio Amedeo Schipa nasce a Lecce il 27 dicembre del 1888. Qui trascorre un'agiata infanzia accostandosi allo studio della musica e della composizione nel seminario della città, seguito direttamente dall'allora vescovo Gennaro Trama che lo soprannominerà affettuosamente "Titu" (piccoletto), utilizzato poi quale nome d'arte. Dopo un periodo di studi superiori a Milano, il debutto del giovane tenore è a Vercelli con la Traviata nel 1909, ma la consacrazione artistica giungerà solo nel 1914 con una leggendaria Tosca a Napoli. Il nome di Tito Schipa ben presto si impose su tutte le cronache musicali dell'epoca fino al primo grande successo all'estero, con la rappresentazione del Manon nel gennaio 1918 al Real di Madrid. Nel 1919 sarà la vosta degli Stati Uniti, dove sposerà Antoinette Michel d'Ogoy e trionferà a Chicago con il Rigoletto. Nel 1932 da Chicago passa al Metropolitan di New York sostituendo Beniamino Gigli. Dopo New York sarà la volta si San Francisco fino al suo rientro in Italia nel 1935. Tuttavia, a causa dell'amicizia con Achille Starace, anch'egli salentino, fu dichiarato "indesiderato" dal teatro "La Scala" di Milano. Negli anni successivi alla guerra, Schipa potè tornare a calcare i più grandi teatri dell'opera. Diede il suo addio alle scene sulle tavole del Petruzzelli di Bari, nel 1955, facendo seguire a tale esibizione in Italia l'ultima tourneè in Russia, Ungheria e Stati Uniti, dove venne accolto trionfalmente. Morì a New York nel 1966, desiderando essere seppellito nella sua Lecce, mai dimenticata e di cui portava fiero il nome e per la quale sognava un grande festival musicale. Un semplice sarcofago, con un usignolo posato sullo spartito di bronzo, accanto alla chiesa dei Santi Niccolò e Cataldo, uno dei simboli del barocco leccese, accoglie le spoglie del tenore nel cimitero monumentale della città.

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